Si tratta di un particolare che appena si scorge al lato di una nicchia ricavata nella parete di destra della prima campata della chiesa di San Donato, dove è rappresentato l'Inferno. Il frammento dell'affresco richiama quello analogo conservato invece integro di Santa Maria in Piano a Loreto Aprutino e che rappresenta la prova a cui vengono sottoposte le anime: esse riescono ad attraversare un ponte, che al culmine diviene sottile come un capello, solo se libere e leggere dai peccati. L’iconografia del Ponte del Capello rimanda alla cultura orientantale, in particolare a quella greco-bizantina e alla tradizione dello zoroastrisma, ma anche alla la Visione di Alberico da Settefrati, cui certamente si è ispirato lo stesso Dante nella Divina Commedia. Nella Visione, il monaco di Montecassino Alberico da Settefrati (1100) descrive un ponte su un fiume, che le anime riescono a passare solo se sono leggere e con pochi peccati. Esse poi sono accolte da un angelo e arrivano al cospetto di San Michele Arcangelo (psicopompo=pesatore delle anime).  L'identificazione del frammento dell'Inferno a San Donato con il "Ponte del capello" si deve a Ruggero D'oronzo, con la sua pubblicazione La chiesa di San Donato a Ripacandida. Storia e arte di un santuario lucano dimenticato